“Shame Trust”: condivisibili le conclusioni del Tribunale di Monza (sentenza 1425/2015 del 13 maggio 2015), non la ricostruzione giuridica dell’istituto del Trust.

Presupposto essenziale del trust è che il disponente perda la disponibilità di quanto conferito in trust, al di là dei poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Ove la perdita di controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo (shame trust) ed in quanto tale non produce gli effetti segregativi che connotano l’istituto.  La Convenzione dell’Aja, con la previsione di cui all’art. 2, accoglie la massima di diritto consuetudinario normanno donner et retenir ne vaut: dare (donner) al trustee e poi trattenere (retenir) non vale. Non è quindi possibile che il disponente conferisca un’obbligazione fiduciaria al trustee senza, in realtà, avergliela conferita affatto, continuando a gestire i beni come se ancora fossero suoi. Un qualsiasi trust interno, anche se retto da leggi che come quella di Jersey, superando la regola donner et retenir ne vaut, in quanto assoggettato all’art. 2 della Convenzione non è riconoscibile. L’inesistenza, l’inefficacia o la nullità dell’atto istitutivo di trust è rilevabile d’ufficio.

Commento

La sentenza del Tribunale di Monza segue le orme delle note, ed a mio personalissimo avviso criticabili, Cassazioni 3735 e 3737 del 24 febbraio 2015 e 3886 del 25 febbraio 2015, per le quali non c’è trust se non c’è trasferimento di beni a un trustee. Per la Cassazione, di conseguenza, non esisterebbe il trust auto-dichiarato: si tratta di un’affermazione davvero impressionante. Il fatto che il trust auto dichiarato si presti a costruzioni artificiose (Cassazione 21621/2014) non legittima a ritenere il trust auto-dichiarato non esistente.

Il Tribunale di Monza giunge a conclusioni condivisibili (la dissociazione fra ciò che il disponente dichiara di volere e l’effettivo programma del trust non può che indurre a ritenere il trust nullo, ove la volontà di attuare un affidamento fiduciario di propri beni nell’interesse dei beneficiari rimanga su carta), partendo da una ricostruzione dell’istituto che tale non è. Per il Tribunale di Monza, infatti il trust si sostanzia nell’affidamento a un terzo di determinati beni perché questi li amministri e li gestisca quale proprietario (nel senso di titolare dei diritti ceduti) per poi restituirli, alla fine del periodo di durata del trust, ai soggetti indicati dal disponente. In realtà il trust si sostanzia nell’affidamento di specifici beni a un trustee, non a un terzo, tanto è vero che trustee ben può essere lo stesso disponente. Ai sensi dell’art. 11 della Convenzione dell’Aja, più volte richiamata dal giudicante, un trust istituito in conformità alla legge straniera del Paese che conosce il trust è riconosciuto come trust. Ebbene, la legge di Jersey, nel caso che ci interessa, ammette il trust auto-dichiarato!

Nella sentenza si legge che la legge straniera richiamata può produrre effetti nell’ordinamento solo ove la stessa non contrasti con le clausole di salvaguardia contenute nella Convenzione e, quindi, con norme inderogabili, di applicazione necessaria, relative all’ordine pubblico. Ma nessuna di queste riguarda il trust auto-dichiarato! Nota a margine: nell’ordinamento italiano le fattispecie di vincoli auto-istituiti sono molte: il fondo patrimoniale, l’eredità beneficiata, il vincolo di cui all’articolo 2645-ter, le separazioni patrimoniali all’interno delle Sgr, gli escrow account (ossia i depositi di somme in garanzia che un professionista riceve per conto dei suoi clienti).

Lascia francamente attoniti, poi, l’assunto del Tribunale sulla meritevolezza degli interessi cui fa riferimento l’art. 2645 ter c.c., la quale andrebbe identificata nell’idoneità del programma negoziale al raggiungimento di uno scopo lecito che non sia altrimenti raggiungibile dalle parti nell’espletamento della loro autonomia negoziale mediante l’utilizzo di strumenti tipici ancorché composti o collegati. Il trust, per il Tribunale di Monza, sarebbe, allora, mera figura residuale, e ciò nonostante non sia ravvisabile norma alcuna che in tal senso disponga (la stessa Cassazione – sentenza 10105/14 – ritiene possibile ricorrere al trust senza necessità di preventiva verifica dell’esistenza di strumenti che permettano di conseguire lo stesso risultato siano tali da far conseguire lo stesso o analogo risultato).

Massimiliano Caruso

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