Gli Internet Service Providers non sono – almeno stando alla direttiva sul commercio elettronico (artt. 14-17 direttiva 2000/31/CE) – responsabili dei contenuti inseriti dagli utenti sui propri sistemi informatici, salvo che siano essi stessi ad originare i contenuti (tramutandosi, cioè, in Content Providers) o a selezionare o modificare le informazioni trasmesse o memorizzate sui propri sistemi informatici.
E’ relativamente pacifico, in altri termini, che un ISP non possa essere considerato responsabile qualora – agendo esclusivamente quale neutro intermediario fornitore dei servizi – sia totalmente estraneo al contenuto della trasmissione e, quindi, in una posizione non attiva, ma totalmente passiva rispetto a quanto immesso in rete da terzi.
Non infrequente, in realtà, è il caso dell’aggregatore di contenuto o del motore di ricerca che non si limita ad ospitare il contenuto altrui, attivandosi nello svolgimento di ulteriori attività, che eccedono quelle necessarie ai fini della trasmissione o raccolta dei contenuti: si pensi, a titolo di esempio, alle attività di indicizzazione, organizzazione e selezione dei contenuti stessi. In situazioni di tal fatta l’ISP finirebbe per perdere la posizione di passività e neutralità che escludono la responsabilità, per assumerne una diversa che, se pur non perfettamente aderente a quella dei Content Providers (indubitabilmente responsabili di quanto immesso), determina comunque una ingerenza non compatibile con la neutralità e passività richieste dagli artt. 14 e ss. del D.Lgs. 70/2003.
Ciò chiarito, il Tribunale di Milano – espressosi sulla natura di Google quale fornitore di servizi di search engine, e ribaltando quanto ritenuto, in via cautelare, con ordinanza il 23 marzo 2013 – ha ritenuto che Google, nel fornire servizi accessori di autocompletamento e di ricerca correlata, non si limiti a fornire un neutro servizio di trasporto o memorizzazione dei dati, ma proponga, in aggiunta, funzionalità tali da farle di fatto assumere un ruolo attivo nell’aggregazione di dati, seppur sulla base di processi automatizzati in esecuzione di algoritmi informatici, e, quindi, senza intervento umano diretto (ma solo indiretto, in quanto consapevolmente predisposto dal provider che a monte ha compiuto delle scelte precise).
In tale prospettiva, Google è tenuta a vigilare ed intervenire a fine preventivo, per non vedersi considerata responsabile del contenuto.
Massimiliano Caruso
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